Quali sono le motivazioni che ci spingono a vedere un orologio come qualcosa in più che un semplice segnatempo?

Ci sono rituali destinati a scomparire, altri a ritornare, altri ancora che invece non moriranno mai. Siamo una comunità, un insieme di individui che vivono vite separate, ma con un unico scopo: dare un senso al tempo che trascorriamo qui, sulla terra.

Ecco perché, nel corso della nostra vita, tendiamo a fissare nel nostro immaginario sociale alcuni rituali pregni di significato.

L’importanza del rituale, che questo sia pubblico o privato, è proprio interno alla sua essenza: ci definisce come uomini in un qui e ora, ci fa sentire vivi, con uno scopo, essere parte di qualcosa.

Un rituale è un esercizio di virtù, un modo di dire sì alla vita: può essere ascoltare un vinile per cogliere ogni singola vibrazione, sedersi attorno a un tavolo e gustare delle prelibatezze frutto di una lunga tradizione famigliare, o anche indossare un orologio che ci caratterizzi, che esprima la nostra essenza e che vada oltre la sua dimensione fisica.

Certo, questo non è di certo un rituale collettivo, ma uno fra i più straordinari riti privati. E anche oggi che la tecnologia ci ha portato via quella necessità di tenere d’occhio l’orologio per sapere che ore sono, e sempre più spesso ci affidiamo a un telefono, l’uomo sa che c’è qualcosa che va al di là di una semplice comodità.

Si tratta di un rito sopravvissuto al tempo, un modo di essere e di collocare se stessi nell’universo. Ecco perché ancora oggi sappiamo innamorarci di un orologio.

Perché dentro quell’oggetto risplende ancora il rituale della vita umana, che si rinnova di generazione in generazione, che muta forma, ma conserva intatta la sua anima.