Prendiamoci del tempo. Quante volte ce lo ripetiamo. Una frase talmente forte che può suonare quasi come una cosa detta così, con poco peso: «Vorrei prendermi del tempo per me stesso, prendermi del tempo per la mia famiglia, per dedicarmi alle mie passioni. Prendermi del tempo anche così, senza grandi obiettivi, senza ambizioni o passi avanti da fare. Solo del tempo, e nulla più, per fermarlo se voglio. Per farne ciò che mi va».

In realtà è tutt’altro. È un’espressione forte, autorevole. Prendersi del tempo, prenderselo tutto per sé. Afferrarlo, non lasciarlo andare, catturarlo; perché si sa, il tempo è sfuggevole, è inafferrabile, scivola veloce che non si fa tempo a dire ora, che è già dopo. E così capita che ci si lasci vivere, ogni tanto. Che si metta il pilota automatico, ricordandosi di accendersi quel poco che basta per ricordarsi che si è al mondo.

Ed è proprio lì, alla saturazione di questo processo, alla fine di questo vortice di automatismo, che si ritorna al mondo con un’affermazione forte e chiara, con la voglia di prendersi del tempo.

Prenderselo per non lasciarlo sfuggire, per fermarne ogni istante e scolpirlo nella memoria. Prenderlo e conservarlo come un segreto, tenerselo stretto, farne un capolavoro o perché no, semplicemente godersi un attimo di pace, di gioia, di divertimento.

Prendersi il tempo che serve, che si brama, che si può. E farne ciò che più si vuole al mondo.